IL MITO ASBURGICO Un affascinante itinerario artistico e letterario tra Trieste, Lubijana, Abbazia e Fiume: la Mitteleuropa come laboratorio della “crisi del Novecento”
Il mito absburgico è il titolo di un celebre libro di Claudio Magris. E come dice lo stesso autore «Trieste, forse, più di ogni altra città, è letteratura», è il paradosso vivente di un centro che sembra appartato, ma che ha saputo diventare il laboratorio in cui si sono sperimentati attivamente tutti i temi centrali della crisi novecentesca. «La storia del mito absburgico è la storia di una cultura che vive la crisi e la trasformazione epocale di tutta una civiltà, non certo soltanto austriaca; una civiltà che, in nome del suo amore per l’ordine, scopre il disordine del mondo». Nel mito asburgico confluiscono molte componenti: l’idealizzazione dell’Impero come armonica entità sovranazionale e universalistica; il senso dell’ordine e della gerarchia; l’imperatore Francesco Giuseppe, che di quell’ordine era simbolo e garante; una visione edonistica ed epicurea della vita. Come testimonianza di questa visione idealistica sono rimaste a Trieste moltissime architetture, tra cui spiccano quelle di Pietro Nobile e Max Fabiani.
Intrecciando storia, cultura e costume, ricostruiremo le ragioni storiche di questo mito e la sua presenza nelle opere letterarie di autori mitteleuropei come Hofmannsthal, Rilke (che soggiornò a lungo a Duino, dove scrisse le celebri Elegie duinesi) e Musil, e nelle figure dei grandi scrittori triestini del primo ‘900 come Svevo e Saba, cercando di evidenziare l’unicità di Trieste come crocevia che rispecchia le tensioni europee del ‘900. Senza dimenticare che a Trieste James Joyce scrisse pagine importanti dell’Ulisse, il capolavoro che forse più di ogni altro segna la svolta letteraria del ‘900.